Vincent Van Gogh: Notte Stellata sul Rodano

Vincent Van Gogh, Notte stellata sul Rodano, 1888, olio su tela, 72,5 x 92 cm. Parigi, musée d’Orsay. In una lettera al fratello Théo, Vincent Van Gogh scrisse di voler dipingere una notte stellata con dei cipressi o un campo di grano maturo. Ancora, in una seconda lettera alla sorella Wilhelmina, il pittore scrisse: “Adesso voglio assolutamente dipingere un cielo stellato. Spesso, ho l’impressione che la notte sia più ricca di colori se paragonata al giorno”. Sembrava, dunque, ossessionato dall’urgenza di dar luce all’oscurità. L’artista propone in questo quadro un’armonia di tonalità blu e verdi, illuminata dalla luce dei lampioni del molo che si riflette nelle acque scure del Rodano e da una costellazione di stelle, tra le quali si riconosce l’Orsa Maggiore. In primo piano, una coppia di innamorati passeggia nella notte, mentre più lontano, sullo sfondo, si intravedono le città di Arles e Trinquetaille, di cui si riconoscono le torri di Saint-Julien and Saint-Trophime, sulla destra. Vincent realizzò il paesaggio del Rodano en plein-air, aiutandosi con la luce di alcune candele che aveva fissato sul suo cappello di paglia, esattamente nella notte tra il 26 o il 27 settembre 1888, attorno alle 22.30, come stabilito dalla configurazione astrale dipinta dal pittore. Figlia del post-impressionismo, l’opera risulta realizzata con un impasto di colori ad olio applicati su una tela di 72,5 cm di altezza e 92 cm di larghezza. Ma cosa nasconde la notte per Van Gogh? Certamente il suo animo sfaccettato, agitato da una forte tensione esistenziale, che egli stesso ha cercato di risolvere, trasponendola sulla tela, in un connubio di colori e pennellate che solo un estro artistico come il suo poteva concretizzare. Ed ecco allora che la notte, nella sua oscurità e solitudine, pare dar vita alle ansie e alle paure dell’uomo, facendolo sprofondare nello sconforto. L’esasperata ricerca di serenità, vero antidoto allo smarrimento esistenziale, è restituita dalle altre dicotomie: la notte anteposta al giorno, il cielo alla terra, il mondo umano al mondo ultraterreno, la vita alla morte, lo stesso villaggio quieto e famigliare, collocato in posizione centrale, alla vegetazione forsennata dell’estremità destra. Sembra che Van Gogh non sia in grado di risolvere la tensione di quelle sensazioni irrequiete e inestricabili, che inondano come un fiume in piena l’altro grande capolavoro, Notte Stellata. Saint Rémy, Giugno 1889, conservato al MoMA di New York. Tuttavia, il dramma esistenziale del pittore è davvero senza via d’uscita? Se fosse così, perché disseminare così tanti lampi di luce nel movimento vertiginoso delle sue pennellate, restituendo l’immagine di una notte che non è mai vera notte? Forse l’esistenza è davvero un bagaglio di possibilità.

M.A.

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